Il mio datore di lavoro ha il diritto di sorvegliarmi filmandomi ?
Accanito fumatore, un impiegato si reca una decina di volte al giorno al bagno, nel quale è formalmente proibito fumare.
Circa un mese dopo il suo arrivo nell’impresa, viene convocato dal capo servizio che gli indica che questo andare e venire dal bagno, messo in relazione con l’odore di fumo, può essere motivo di licenziamento. L’impiegato è molto sorpreso quando viene a sapere che delle telecamere sono nascoste nei corridoi.
Scandalizzato, esce dall’ufficio gridando che porterà subito il fatto all’incaricato federale/cantonale della protezione dei dati.
Ansioso di calmarne la rabbia, il datore di lavoro gli spiega le ragioni per cui le telecamere sono state installate.
La videosorveglianza è molto invasiva. Non potendo essere sempre conseguito il consenso del personale, deve poter rispondere a delle esigenze strette. La prima consiste in un’informazione adeguata dei collaboratori. Si può sorvegliare la prestazione di un lavoratore, è invece illegale sorvegliare il suo comportamento.
Raccomandazioni
Lo scopo prefigurato deve essere chiaro, e deve essere scelta la misura la più adeguata, necessaria e meno invasiva per raggiungerlo. Non deve condurre a una sorveglianza permanente del comportamento. Questa misura deve essere oggetto di una comunicazione appropriata. Il datore di lavoro dovrebbe informare e consultare gli impiegati o i loro rappresentanti e se possibile ottenere il loro consenso prima d’introdurre dei sistemi automatizzati per la raccolta e il trattamento di dati personali.
Prinicipi di base
LIPAD 38 et 42 ; LPD 4; 12, 13, 14 e 17 ; LL 6 ; OLL3 26 ; CO 328 e 328b
Principi di liceità (legalità), buona fede e della proporzionalità (adeguazione, necessità della misura e misura la meno invasiva possibile); principio della trasparenza della raccolta di dati : lo scopo della raccolta deve essere riconoscibile ; protezione dei lavoratori.
Esempio concreto